Legnago (Legnàgo in veneto) è un comune italiano di 25.204 abitanti della provincia di Verona in Veneto.

La città, nota per aver dato i natali all’umanista Giovanni Cotta, allo storico e critico d’arte Giovanni Battista Cavalcaselle, nonché al compositore di musica sacra, lirica e classica Antonio Salieri, sorge lungo il fiume Adige nella Pianura Veronese.


Legnago dista 45 chilometri da Verona ed è il centro di riferimento della parte sud della provincia assieme alla vicina Cerea. Fino a pochi anni fa era, dopo il capoluogo, il secondo comune per abitanti nella provincia. È molto vicina anche a Mantova, Rovigo, Vicenza, Padova e a Ferrara, in una posizione di interscambio strategico della bassa Veronese. Legnago, inoltre, è l'ultima delle città attraversate dal fiume Adige.

Storia

Il fiume Adige ha sempre rivestito, dal X secolo in poi (quando fu attestato nell'attuale corso) un ruolo fondamentale per lo sviluppo storico[5] della città di Legnago e di Porto, una frazione sulla riva sinistra del fiume: grazie al loro ruolo difensivo, tali località vennero popolate già in epoche antichissime.

Molteplici sono le tracce che testimoniano una vita molto fiorente già durante l'Età del Bronzo (XIII secolo a.C.), grazie soprattutto al ritrovamento nel 1931 di una terramara e agli innumerevoli resti archeologici risalenti alla civiltà Etrusca tutt'oggi conservati presso il Museo Civico Fioroni e il Centro Ambientale ed Archeologico. Successivamente, grazie ai romani che si insediarono in quello che lo storico latino Tacito identificò col Forum Allieni, le campagne circostanti vennero rese fertili e Legnago diventò così un punto di riferimento per la bassa Veronese, così come rimase per secoli.

Dopo che il canale che attraversava Legnago divenne dal X secolo il corso principale del fiume Adige e ne furono man mano ampliati gli argini, durante l'Alto Medioevo Legnago amplia il proprio abitato ed assume il volto di una vera e propria roccaforte militare. Ancor oggi sono visibili alcune testimonianze dell'antica Porta Mantova (Legnago un tempo era completamente fortificata) nei pressi di Piazza Garibaldi, Via Giacomo Matteotti e Corso della Vittoria le quali sono state portate alla luce in seguito ad alcuni lavori di sistemazione della piazza nel 2004 e poi successivamente ricoperti a cavallo tra il 2011 e 2012, in quanto le avversità atmosferiche le stavano deteriorando. La cittadina venne conquistata prima dai Longobardi e successivamente dai Franchi, fino a diventare attorno al Mille proprietà del vescovo di Verona il quale la cede al Comune in cambio di Monteforte d'Alpone. Successivamente, Legnago diventa un possedimento di Ezzelino IV da Romano per poi passare sotto la dominazione scaligera dal 1207 fino al 1387. Si susseguirono poi le dominazioni dei Visconti e dei Carraresi. Fondamentale per l'assetto urbanistico di Legnago fu l'annessione voluta dal popolo nel 1405 alla Repubblica di Venezia poiché fu proprio il governo della Serenissima ad affidare all'architetto Michele Sanmicheli l'arduo compito di consolidare le fortificazioni (in particolare una rocca) che vennero distrutte durante la guerra dei Cambrai, ridisegnandole a pianta stellare. Le fortificazioni furono però in gran parte smantellate nel 1801 per volere di Napoleone, che poi cedette Legnago con l'intero territorio della soppressa Repubblica di Venezia all'impero asburgico. Legnago, all'epoca, era considerato uno dei nodi fluviali più importanti del Veneto per la presenza sulle rive dell'Adige di un porto, di un ponte mobile progettato per il passaggio dei natanti ed una lunga catena di mulini. Era altresì un rinomato polo culturale grazie alla presenza di scuole, un'accademia letteraria e un teatro. Alla sconfitta di Napoleone, la cittadina tornò in mano agli austriaci, come parte del regno Lombardo-Veneto, retto da un viceré con sede in Milano e resero Legnago uno dei capisaldi del Quadrilatero nel 1814 assieme a Verona, Peschiera e Mantova.

Soltanto con l'annessione del Veneto al Regno d'Italia nel 1866 le cose parvero cambiare, nonostante le molte servitù militari che ancora continuarono a sussistere sino a che, alla fine del secolo XIX, per permettere al paese di espandersi al di fuori dai confini della fortezza, vennero abbattute interamente le mura, i bastioni e le porte, di cui rimangono oggi solo pochi resti.

Nel 1868 e nel 1882 si registrarono due rovinose piene dell'Adige le quali distrussero gran parte del centro urbano. I successivi bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale, contribuirono a rubare alla cittadina la maggior parte delle opere architettoniche esistenti e, ad oggi, a ricordare l'imponenza di questa importante roccaforte rimane il Torrione (faceva parte della cinta muraria costruita dal Sanmicheli) in Piazza della Libertà.
Monumenti e luoghi d'interesse

Sono diverse le testimonianze architettoniche che caratterizzano l'abitato ed i centri limitrofi. Di seguito sono citati i più rappresentativi.[6]
Architetture religiose
Duomo di San Martino Vescovo
Il Duomo di Legnago

In piazza della Libertà si trova il Duomo, opera incompiuta risalente all'epoca neoclassica e dedicata a San Martino Vescovo, patrono della cittadina. Esso venne ricostruito nei secoli XVIII e XIX e inaugurato nel 1814 su progetto di don Francesco Ziggiotti. La chiesa si presenta all'esterno con una facciata a capanna molto semplice, con mattoni a vista mentre al suo interno si trovano molteplici opere artistiche tra le quali la pala di San Martino ubicata nell'abside (olio su tela, 480x350cm realizzata da Antonio Maria Perlotto Pomè). Quest'opera è una commemorazione ed un dono votivo della comunità legnaghese per la scampata inondazione dell'Adige del 1839. Essa rappresenta il protettore della cittadina nel momento il cui, dal paradiso, invia un angelo con un ramoscello d'ulivo con il compito di placare l'ira del fiume. Ai piedi del santo si scorge una rappresentazione ottocentesca della città.

Sull'altare dell'Addolorata è collocata una pietà risalente al Quattrocento appartenente alla scuola austro-boema. Sono inoltre presenti cinque statue ottocentesche realizzate da Innocenzo Fraccaroli, uno stimato scultore veronese. Lungo i lati della navata interna sono presenti una cappella absidata e tre cappelle minori; la navata si conclude con una zona presbiterale rialzata con soffitto cupolato.

Le 6 campane presenti sul campanile sono state fuse da Achille ed Ettore Cavadini di Verona nel 1901. La maggiore di 982 kg suona la nota RE3.

Altre opere di pregevole fattura conservate all'interno dell'edificio sono un olio su tela (databile al XVI secolo) appartenente ad un ignoto autore di scuola veronese il quale rappresenta la Madonna in trono con Bambino tra i santi Giovanni e Andrea e la cena in Emmaus realizzata da Adeodato Malatesta. Il fonte battesimale risale al Quattrocento.

Nella zona presbiterale, a destra e a sinistra, in alto, sono collocati i due organi settecenteschi: vennero profondamente modificati nel Novecento e uniti in un unico strumento, restaurato più volte nel corso del secolo (l'ultimo intervento risale agli Anni '90).
Campanile di San Rocco

Il seicentesco campanile di San Rocco presenta lanterna e altarino in stile barocco ed è attorniato da palazzi della stessa epoca, ma ristrutturati. Esso è l'unica testimonianza rimasta della chiesa della Disciplina, demolita nel 1899 per permettere la costruzione dell'adiacente strada. Alla base del campanile un piccolo altare dedicato a San Rocco, costruito per ricordare la peste del 1630. Altri arredi dell'ex chiesa della Disciplina sono oggi conservati presso la chiesa dell'Assunta.
Chiesa dell'Assunta

La struttura dell'edificio sacro è ubicata in Corso della Vittoria ed è dedicata alla Madonna dell'Assunta. La chiesa risale al 1900 ed è stata voluta dall'allora parroco don Giuseppe Trecca. La chiesa sorge all'interno di un lotto donato dal comune come “risarcimento” per la demolizione della preesistente chiesa della Disciplina; qui è conservata la pala della Madonna dell'Assunta, precedentemente collocata nella chiesa demolita. Quest'opera risale al XV secolo e viene attribuita al domenicano Ranuccio Arvari. La Madonna viene rappresentata nel giardino del paradiso con il Bambino in grembo, nella parte superiore il Padre Eterno – posto in un sole dorato - veglia con lo sguardo i protagonisti, una colomba che rappresenta un'allegoria dello Spirito Santo, mentre ai lati sono presenti angeli che offrono in regalo fiori, canti e musiche. Lo stile architettonico della chiesa si può definire neogotico per la presenza di una facciata a capanna, finestre ogivali ed un rosone.

Rimasta chiusa al culto per un lungo periodo, la chiesa venne riaperta solamente nel 1991.
Chiesa di San Salvaro
Magnifying glass icon mgx2.svg    Lo stesso argomento in dettaglio: Chiesa di San Salvaro.
Chiesa di San Salvaro.

La famosa chiesa romanica si trova nella vicina frazione di San Pietro e risulta essere una delle più antiche strutture del veronese. Dell'origine non si conosce che un accenno probabile, una tradizione leggendaria, mentre la tradizione più attendibile, basata sull'iscrizione posta nell'angolo nord-est della chiesa, è quella che l'aggiudica al XII secolo: «Contesa Matelda hoc opus fecit fieri 1117 D.I.C.».

L'edificio sarebbe quindi stato eretto nei pressi di una strada romana per volere della contessa feudataria Matilde di Canossa sopra una preesistente chiesa databile al VI secolo d.C. (questo è deducibile dal fatto che la cripta contiene numerosi resti risalenti all'Alto Medioevo).

Il complesso ha subito un lavoro di ristrutturazione novecentesca il quale, però, ha alterato la posizione originaria di alcuni elementi architettonici (tra i quali il campanile). La facciata è a salienti, presenta una bifora centrale e un portale lunettato, mentre alcuni archetti pensili sono visibili lungo gli spioventi del tetto. L'edificio, all'interno, è formato di tre navate: quelle laterali sono strette e dividono la navata centrale grazie a cinque tozzi pilastri quadrangolari che sostengono sei archi a tutto sesto alternati di tufo e laterizi. L'altare è rivolto ad oriente. Una bella gradinata di marmo rosso, congiunge la parte piana col presbitero, in fondo al quale, nell'abside, si trova l'unico altare su cui si eleva la statua del Salvatore risorto; due scale congiungono poi le navate laterali con la cripta a tre absidi. Bello è il compendio dell'epopea della Redenzione, rappresentata dagli affreschi e dalle statue. I dipinti nel catino dell'abside (in particolare la Trasfigurazione di Cristo) sono del veronese Daniele dal Pozzo. All'interno della struttura si possono altresì ammirare quindici medaglioni con effigi di santi, otto bassorilievi rappresentanti alcuni stemmi austriaci provenienti dalle ormai scomparse mura di Legnago (molti, infatti, sono i frammenti provenienti dalle ex mura). Il dipinto su muro più facilmente leggibile è la Madonna con Bambino ubicata sulla faccia di un pilastro alla destra del presbiterio. L'immagine più venerata e forse anche la più antica, benché ritoccata più volte nel corso del Novecento (l'originale era di fattura trecentesca), è la Vergine detta la Madonna di San Salvaro, dipinta su una volta della cripta. Era solita essere invocata dalla popolazione locale in occasione di epidemie o di calamità naturali. Nella stessa furono impiegati dei frammenti romani e, prova di tale induzione, sono tutte le pietre lavorate che sostengono i pilastri, i due bellissimi capitelli corinzi di travertino e il fregio che poggia sul nome di Giulio e Emilio figlio di Paolo che aveva alzato il tempietto o al quale era dedicato l'arco sepolcrale, e più di tutto il leone e il cavallo che
Santuario della Madonna della Salute

La chiesa si trova nella frazione Porto e, originariamente, era stata costruita dai domenicani durante il medioevo per essere successivamente ricostruita attorno al XVIII secolo. I bombardamenti della seconda guerra mondiale hanno distrutto il santuario originale, ma hanno risparmiato il campanile, tutt'oggi visibile anche se isolato dalla nuova costruzione. Su di esso è installato un melodioso concerto di 6 campane in tonalità REb3, realizzato nell'anno 1937 dal fonditore veronese Ettore Cavadini, con campana maggiore del peso di kg 1309.

Il nuovo edificio è stato progettato nel 1946 dall'architetto Giovanni Fregno, il quale ha voluto donargli una facciata a salienti e una pianta longitudinale. Venne aggiunta anche una cripta all'interno della quale si sono svolte tutte le funzioni religiose fino al novembre del 1955; anno in cui venne inaugurata la nuova chiesa.

L'antica statua in legno della Madonna della Salute è stata collocata nel 1999 all'interno della cappella situata alla destra del santuario (quest'ultima fu costruita nel 1970) dopo un'attesa di oltre cinquant'anni. Gli interni sono stati decorati con lo stile dell'affresco graffito negli anni Novanta del secolo scorso per opera di frate Ugolino da Belluno (Silvio Alessandri). Si possono inoltre ammirare alcune opere precedentemente conservate nella chiesa andata distrutta, tra le quali si annovera una Madonna con Bambino attribuita a Ranuccio Arvari.
Altre chiese nelle frazioni
Il campanile della chiesa parrocchiale della Natività di Maria Santissima, sita nella frazione di Vangadizza.

A Canove è presente una chiesa dedicata a Sant'Agostino vescovo, mentre in località Casette e Terranegra si trovano le rispettive chiese parrocchiali in onore di Sant’Antonio da Padova.

Spostandosi a San Pietro, oltre alla sopracitata chiesa di San Salvaro, vi è una chiesa parrocchiale intitolata a San Pietro Apostolo.

Nel piccolo paese di San Vito è visibile una chiesa moderna dedicata a San Vito Martire e alla Madonna della Pace. Nella parte vecchia dello stesso paese è ubicata un'antica pieve.

A Torretta sta una chiesa intitolata alla Madonna del Rosario di Maggio la quale è stata costruita grazie al finanziamento delle sorelle Fioroni. Dopo essere stata distrutta durante le guerre mondiali venne ricostruita dall'architetto legnaghese Giovanni Fregno.

La chiesa parrocchiale di Vangadizza è dedicata alla Natività di Maria Santissima e ospita una Madonna eseguita da Claudio Ridolfi oltre ad un trittico in bassorilievo risalente al Trecento, alcune tele di scuola veneta del Farinati e del Barbieri[non chiaro] e una lunetta con Cristo benedicente. Questa chiesa fu abbazia dei Camaldolesi durante la metà del X secolo. Nella contrada Capitello si può inoltre trovare un edificio dedicato alla Maria Addolorata.

Infine a Vigo è presente una chiesa risalente al Seicento (ingrandita nel 1857 e consacrata nel 1948) intitolata, come il Duomo, al patrono San Martino Vescovo. All'interno sono conservate due tele del Seicento, un affresco raffigurante una Madonna di Domenico Riccio detto il Brusasorci e la Deposizione del Farinati.
Architetture civili
Il Torrione
Torrione

In piazza della Libertà, a pochi passi dal Duomo, fa bella mostra di sé il Torrione; unico esemplare rimasto delle mura che circondavano la cittadina. Esso viene altresì considerato il simbolo della città di Legnago proprio perché ricalca la storia architettonica e militare autoctone. Anticamente è stato usato con la funzione di prigione (qui sono stati incarcerati alcuni patrioti tra i quali il conte Emilei di Verona e il poeta Aleardo Aleardi).

Le mura cittadine (e quindi anche il Torrione) sono state costruite a partire dal 1525 durante il dominio della Serenissima, in seguito alla rovinosa guerra della Lega di Cambrai. La costruzione delle mura bastionate terminò solamente nel 1559 e, negli anni, vide il susseguirsi di architetti illustri quali sono Bartolomeo d'Alviano, Fra' Giocondo, Michele Leoni e Michele Sanmicheli. L'opera veneziana venne successivamente ammodernata dai francesi prima e dagli austriaci poi (si ricorda che Legnago faceva parte del cosiddetto Quadrilatero). Le mura perderanno il loro ruolo difensivo dopo l'annessione al Regno d'Italia e saranno demolite nel 1887 per quanto riguarda la parte destra dell'Adige e durante gli anni Venti nella parte sinistra del fiume per lasciare il posto all'espansione delle cittadine di Legnago e Porto.

Il torrione è stato più volte restaurato subendo, nel corso degli anni, pesanti variazioni rispetto alla sua architettura originale (numerose sono state le critiche anche durante l'ultimo restauro per l'aggiunta di una parte superiore che originariamente non esisteva).

Altri frammenti delle mura sono oggi visibili presso il cortile dell'istituto Canossiano in via Leopardi e nei pressi dell'ex ospedale militare austriaco (oggi trasformato nel Centro Ambientale ed Archeologico).
Ex macello

Ad oggi questo edificio è la sede del Gruppo Alpini e viene utilizzato anche in occasione di aggregazioni culturali e sociali, ma la sua forma originaria risale all'epoca in cui Legnago era dominata dagli austriaci.

La struttura si presenta con un accesso voltato ed un portale che ricorda l'epoca classica dal quale si dipartono due accessi laterali che conducono alla corte centrale. Il pavimento è in pietra vulcanica.

Il macello è stato distrutto dall'inondazione dell'Adige del 1882 e successivamente costruito da Giuseppe Tavecchio,"padre di Silvio a sua volta padre di Silvia e Alessandro attualmente residente in via malon 47 coniugato con Anna Maria Rossato, avente 2 figli di nome: Stefano padre di Chiara Silvia, e Luca padre di Mattia", facendo riferimento ad un vecchio progetto austriaco. La struttura fu adibita a macello fino al 1976, dopodiché conobbe un periodo di oltre venticinque anni di abbandono. Solamente in epoca moderna è stato concesso in comodato al Gruppo Alpini i quali con l'aiuto dei volontari e del supporto economico garantito dalla Fondazione Cassa di Risparmio lo hanno recuperato grazie all'intervento dell'architetto Lodovico Scodellari.

L'edificio ad oggi è così suddiviso: nella parte destra vi sono le stanze riservate al Gruppo Alpini di Legnago mentre nella parte sinistra sono presenti alcuni spazi di servizio ed il sottotetto dove si trovano le sale per il coro, per le riunioni ed un deposito. Sempre nella parte sinistra della struttura, è presente un'area che originariamente era adibita alla lavorazione della carne ad oggi trasformata in una sala munita di palco ed utilizzata per rappresentazioni teatrali o convegni.
Gli scavi di Porta Mantova

Nel 2003, a seguito di alcuni lavori eseguiti dal Comune di Legnago per la sistemazione di Corso della Vittoria, sono tornati alla luce alcuni resti di una delle quattro porte di cui disponeva la città durante il periodo in cui era fortificata. Legnago, infatti, oltre ad alcune rocche poste a difesa del ponte, era dotata di quattro porte (due delle quali erano situate nell'odierna frazione Porto): Porta San Martino, Porta Mantova (in seguito chiamata anche Porta Nuova) e Porta Padova. I resti erano in buono stato di conservazione ed occupavano una superficie di circa 380m2. Le mura sono state costruite utilizzando diversi materiali tra i quali si annoverano: mattoni, ciottoli fluviali, pezzame laterizio e calcare bianco. Stando alle ricostruzioni si possono individuare i locali del corpo di guardia dei soldati, il casello per il vigilante in servizio, due prigioni militari e la latrina.

Questi reperti hanno rappresentato uno dei pochi resti di un passato importante della città fortificata, inoltre durante gli scavi archeologici sono state rinvenute anche alcune importanti testimonianze che potrebbero aiutarci a capire meglio quale fosse l'uso della porta. Tra i frammenti rinvenuti si annoverano: frammenti ceramici, elementi lapidei, frammenti vitrei, materiali ferrosi (in particolare tre grate da finestra, un fittone da muro con anello, una moneta austro-ungarica e una palla da fucile), una moneta e un manufatto in ottone, varie pipe di terracotta, vetri, cuoio e bottoni.

Nel dicembre 2011, con la nuova giunta comunale, i ruderi delle fondamenta di Porta Mantova sono stati ricoperti di teli protettivi e nuovamente sotterrati, con ripristino del piano di calpestio; ciò per le richieste avanzate dai negozianti del centro e per esigenze di viabilità[7].
I leoni di Venezia
Il Leone di San Marco sito all'incrocio tra viale dei Caduti e via XX Settembre.

A Legnago e Porto si possono facilmente trovare cinque leoni in pietra di Michele Sanmicheli. Essi vengono rappresentati secondo l'iconografia classica della Repubblica di Venezia: sotto gli artigli tengono aperto il Vangelo di San Marco ed è possibile leggere la scritta «Pax tibi Marce evangelista meus»; le zampe anteriori poggiano sulla terra mentre quelle posteriori sul mare ad evidenziare quindi che Venezia era una potenza sia di terra, sia di mare.
Palazzo Scodellari

Detto anche "Palazzo De' Provveditori e Capitani" poiché durante il Quattrocento è stato sede dei Provveditorati e dei Capitani di Venezia. L'edificio risale al XV secolo e nella facciata è presente una bifora.
Aree naturali
Il parco cittadino

Noto grazie all'anello sul quale, a partire dal 1898, si cimentarono alcuni campioni dell'ippica (cavalli francesi e inglesi), del ciclismo (Giro d'Italia: tappa Venezia-Legnago nel 1936) e del motociclismo (Omobono Tenni).[5]
La Verbena dell'Adige
Oasi naturale lungo il territorio golenale del fiume Adige.


Altre info su https://it.wikipedia.org/wiki/Legnago e http://www.tourism.verona.it/it/territorio/pianura/legnago

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